Si celebra ogni anno, il 1 ottobre, la Giornata Internazionale delle Persone Anziane. Proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1990, tale ricorrenza offre ogni volta spunti interessanti e momenti di riflessione per indagare un panorama in continua evoluzione. Da sempre attenta alla salute dei soggetti più fragili, Confcommercio Salute, Sanità e Cura non può che promuovere l’iniziativa e offrire il suo contributo. L’edizione di quest’anno, intitolata Equità digitale per tutte le età, mira a sensibilizzare in merito alla necessità di garantire a tutti la possibilità di accedere a internet e alle tecnologie digitali, destinate a rivestire un’importanza sempre più rilevante nell’economia e nella società.
Anche per la Giornata Internazionale delle Persone Anziane 2021, le domande da porsi non possono che guardare al futuro, con un focus particolare sulla necessità di garantire una salute dignitosa e legittima alle persone più fragili. A partire dal secondo dopoguerra, l’innalzamento dell’aspettativa di vita da 46 a 68 anni ha comportato un aumento della popolazione globale di età superiore ai 65 anni, che oggi ammonta a oltre 700 milioni di abitanti, concentrati per lo più in Asia orientale e sud-orientale, in Europa e in Nord America. Entro il 2050, gli over 65 supereranno il miliardo e mezzo su scala globale.
Come ogni anno dal 2016, il report di Passi d’Argento, sistema di sorveglianza dedicato alla popolazione anziana di 65 anni e più, aiuta a riflettere nell’interesse e nel rispetto della salute delle persone più deboli. I dati di Passi d’Argento di quest’anno, relativi al periodo 2017-2020, toccano tematiche quali la partecipazione sociale dell’anziano e l’anziano come risorsa, l’isolamento dell’anziano e l’insoddisfazione per la propria vita. Ecco gli highlights del report:
- quasi 1 persona su 3 (29%) rappresenta una risorsa per i propri familiari o per la collettività: il 19% si prende cura di congiunti, il 14% di familiari o amici con cui non vive e il 5% partecipa ad attività di volontariato;
- si stima che il 21% delle persone intervistate si ritiene poco o per niente soddisfatto;
- circa 2 ultra 65enni su 10 vivono in una condizione di isolamento sociale; in particolare, il 20% della popolazione in esame dichiara che, nel corso di una settimana normale, non ha avuto contatti, neppure telefonici, con altre persone e il 71% non ha frequentato alcun punto di aggregazione.
Vediamo ora il report nel dettaglio.
La partecipazione sociale negli ultra 65enni
Dai dati di Passi d’Argento 2017-2020 emerge che quasi 1 persona su 3 (29%) rappresenta una risorsa per i propri familiari o per la collettività: il 19% si prende cura di congiunti, il 14% di familiari o amici con cui non vive e il 5% partecipa ad attività di volontariato. Questa capacità/volontà di essere risorsa è una prerogativa femminile (32% fra le donne vs 24% negli uomini) e si riduce notevolmente con l’avanzare dell’età (coinvolge il 36% dei 65-74enni ma appena il 9% degli ultra 85enni), è minore fra le persone con un basso livello di istruzione e tra chi ha difficoltà economiche. Nelle Regioni del Nord la quota di anziano risorsa è mediamente più alta che nel resto del Paese e nelle P.A. di Bolzano e Trento si osservano i valori più alti.
La partecipazione a eventi sociali, come gite o soggiorni organizzati, o la frequentazione di corsi di formazione coinvolge poco più di 2 persone su 10: il 20% degli ultra 65enni ha partecipato a uno di questi eventi, per lo più gite e soggiorni, circa il 5% frequenta un corso di formazione (lingua inglese, cucina, uso del computer o percorsi presso Università della terza età). La partecipazione a questi eventi sociali si riduce con l’età (coinvolge il 30% dei 64-75enni ma appena il 6% degli ultra 85 anni), coinvolge meno le donne e i cittadini stranieri ed è decisamente inferiore fra le persone con un basso livello distruzione e tra chi ha difficoltà economiche. L’analisi per macroaree non evidenzia un significativo gradiente geografico.
Con la pandemia si riduce significativamente la partecipazione alla vita sociale (gite e soggiorni organizzati e altri eventi sociali in presenza vengono di fatto annullati dalle misure di contenimento del contagio) ma si riduce significativamente anche l’opportunità per gli ultra 65enni di rappresentare una risorsa per la propria famiglia e/o per la società. Infatti dopo un andamento in crescita della quota di “anziano risorsa” osservato dal 2016, si assiste a un’inversione di tendenza e a una diminuzione nel 2020; è possibile che non solo le restrizioni imposte ma anche la volontà di tutelare i propri cari più anziani dal rischio contagio, abbia indotto le famiglie e i singoli a rinunciare al prezioso aiuto offerto dai più anziani.
Isolamento sociale
Nel quadriennio 2017-2020, si stima che circa 2 ultra 65enni su 10 vivono in una condizione di isolamento sociale; in particolare, il 20% della popolazione in esame dichiara che, nel corso di una settimana normale, non ha avuto contatti, neppure telefonici, con altre persone e il 71% non ha frequentato alcun punto di aggregazione. La condizione di isolamento sociale è più frequente fra gli ultra 85enni, tra chi ha un basso livello di istruzione e maggiori difficoltà economiche. Le Regioni in cui questa problematica risulta più forte si trovano al Centro e nel Meridione.
Nell’ultimo quinquennio si andava osservando una lenta ma costante riduzione della quota di persone a rischio di isolamento sociale, ossia di persone che in una settimana normale dichiaravano di non aver frequentato altre persone né fatto quattro chiacchere con qualcuno, neppure al telefono; tale calo però sembra arrestarsi nel 2020, che fa registrare lo stesso valore dell’anno precedente. L’analisi delle due componenti dell’isolamento sociale, mostra un calo significativo della quota di persone che ha partecipato ad attività aggregative o incontri collettivi, ma fortunatamente una sostanziale stabilità della quota di persone che riferisce di aver avuto comunque la possibilità di fare una chiacchierata con qualcuno.
È chiaro che le restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria correlata alla pandemia con la chiusura dei locali e dei punti di ritrovo e aggregazione, e presumibilmente anche il timore del contagio, hanno ridotto significativamente le occasioni di socializzazione (importanti in questa fascia della popolazione) e se il rischio di isolamento sociale non è aumentato, perché le persone hanno continuato a mantenere un contatto a distanza con gli altri, certamente però questo rischio non si è ridotto come invece si osserva negli anni passati.
Esplorando il dato per le variabili socio-demografiche, non emergono sottogruppi in cui non si verifichi tale diminuzione. È un fenomeno che ha coinvolto, con più o meno intensità, tutta la popolazione ultra 65enne.
Insoddisfazione per la propria vita
Dai dati raccolti nel quadriennio 2017-2020, si stima che il 21% delle persone intervistate si ritiene poco o per niente soddisfatto. L’insoddisfazione è più frequente fra i più anziani (16% fra i 65-74enni, 25% nella fascia 75-84 anni e 32% fra gli ultra 85enni), tra le persone che dichiarano di avere molte difficoltà economiche (47% vs 27% tra chi riferisce qualche difficoltà e 12% in chi non ne ha), tra chi vive solo (27% vs 19% di chi vive con qualcuno, parenti o amici), tra i meno istruiti (27% vs 11% chi ha la laurea) e ed è maggiore fra le donne (24 vs 16% degli uomini).
L‘insoddisfazione per la propria vita si associa alle condizioni di salute e alla partecipazione alla vita sociale: sono più insoddisfatti gli ultra 65enni che percepiscono come cattivo il proprio stato di salute (76%), che hanno 3 o più patologie croniche (46%) o problemi di disabilità (59%) e coloro che sono socialmente poco attivi (24%) perché dichiarano di non partecipare ad attività con altre persone e/o fare corsi di formazione per adulti (come un corso di inglese, di cucina, di computer o corsi presso l’Università della Terza età).