“La persona resti il centro dello sviluppo delle cure”: la lettera del presidente Luca Pallavicini

Continuiamo ad affrontare con determinazione, oggi come 3 anni fa, ora come se non ci fosse il Covid, sempre e comunque su argomenti cruciali che nulla può escludere dallo scenario globale; che continuano ad affiorare, che chiamano sempre a una continua e costante attenzione. L’evoluzione, lo sviluppo della civiltà hanno reso la medicina sempre più efficiente, sostenuta da un progresso tecnologico sempre meno umano, indubbiamente e decisamente inumano. Il monito c’è, il rischio di ricadere in dinamiche routinarie e fredde, tecniche processate, una realtà. Parliamo ancora di umanizzazione delle cure, ma come la tecnologia si fa sempre più efficace, così l’approccio assistenziale terapeutico deve essere sempre più attento, studiato, strutturato, adeguato e personalizzato.

La cura della persona deve coinvolgere la sua sfera sensibile ed emotiva, deve comprendere la sua rete relazionale e i suoi affetti. L’isolamento imposto dall’ emergenza pandemica ha restituito danni irreparabili, ha destabilizzato e debilitato. Nelle strutture, come negli ospedali, sebbene il personale fosse attento e preparato ad accudire i malati, gli anziani, i ricoverati e i residenti, la distanza dagli affetti ha indebolito, infragilito e, a tratti, reso inefficaci le terapie, gli interventi, le cure. Tutto è processato, velocizzato, funzionale e, a tratti, non dà spazio alla creatività, alla possibilità di fare diversamente, di migliorare, perseverando in un approccio di standardizzazione eccessiva che avvicina i servizi all’industria, con un approccio ingegneristico che sostiene, aiuta e rassicura ma che dovrebbe concedere spazio alla creatività; apertura alla profondità, al riconoscimento dell’altro; a uno sguardo più ampio, a una progettualità possibile e riconosciuta in ogni presa in carico, in ogni ricovero, in ogni accesso alla residenzialità e che è espandibile all’assistenza domiciliare.

In un mondo in corsa, che parla di telemedicina e di prestazione a distanza, parlare di umanizzazione sembra una follia, chiederci come e che cosa umanizzi una consulenza effettuata tramite un dispositivo mobile è un po’ scontato, ma richiesto. Quindi anche questa risorsa oggi va pesata, ragionata, istruita. Se una struttura per anziani può evitare una corsa al pronto soccorso inutile, allora la telemedicina ha un peso, se una attenta condivisione di dati, evita spostamenti inutili, riduce i tempi di attesa e migliora in maniera efficace la qualità della vita delle persone, ha un valore; se esclude e distanzia, non può funzionare.

Quindi ancora parlare di umanizzazione delle cure oggi ha senso perché in un mondo che cambia non ci si può muovere senza avere coscienza degli errori passati, senza aver fatto bagaglio del pregresso, senza attenzione, ma con consapevolezza, cercando di prevedere gli scenari possibili. Parlare di umanizzazione delle cure significa quindi formarsi e formare, non smettere di crescere, restando al passo con il progresso e l’evoluzione, ma soprattutto mantenere la persona e l’intera umanità al centro dell’approccio di cura, di assistenza e terapeutico, anche finemente chirurgico. Mantenere l’attenzione sulle persone tutte, dal malato, assistito, residente a chi lo cura nell’umano, questo l’obiettivo, rispettandone dignità e unicità.

Luca Pallavicini, Presidente Nazionale Confcommercio Salute, Sanità e Cura

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