Parliamo di Covid e maternità. Secondo la Fnopo (Federazione Nazionale Ordini Professione Ostetrica), l’emergenza sanitaria ha sottolineato e sottolinea come accanto alla pressione sui pronto soccorso e sulle terapie intensive, ci siano ripercussioni anche sui servizi dell’area materno infantile e ostetrico-ginecologica.
Necessari dunque interventi mirati e proposte per fronteggiare la riorganizzazione della rete di assistenza territoriale, con modelli riconosciuti dalla letteratura nazionale e internazionale, per una medicina d’iniziativa e di prossimità. Ed è qui che possono entrare in gioco le Case Maternità: di cosa si tratta? Quale il loro contributo concreto in questa emergenza? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Adele Moncagatta, ostetrica della Casa Maternità Le Maree di Genova.
Dottoressa Moncagatta, cerchiamo di inquadrare al meglio l’argomento: cosa sono le Case Maternità? Quale ruolo svolgono nella quotidianità? Qual è l’impegno della vostra Casa Maternità, Le Maree?
«La Casa Maternità è una struttura privata, un appartamento fuori dall’ospedale che fornisce servizi legati alla sfera femminile: la maternità è ovviamente una di queste, la più importante. Nelle Case Maternità un’equipe di ostetriche ha il compito di prendere in carico la salute della donna dallo sviluppo fino alla menopausa. All’interno delle strutture è presente uno studio ostetrico dedicato ai corsi e alle sedute e un’area specifica dedicata alla nascita, che ha tutto l’aspetto di un appartamento con ingresso, bagno, cucina e camera da letto. Assistiamo la donna esattamente come lo faremmo a domicilio, ma ci sono donne che scelgono spontaneamente di non partorire a casa propria per una serie di motivazioni: mi vengono in mente situazioni di appartamenti all’ultimo piano senza ascensore, magari nei vicoli di Genova dove un’ambulanza non potrebbe arrivare. Purtroppo molte zone della Liguria, come il Centro Storico genovese o l’entroterra, ostacolano l’efficacia di una nostra assistenza domicilio: da qui la scelta di aprire la Casa Maternità Le Maree».
Da Fnopo un appello importante rivolto alle istituzioni: le Case Maternità rispondono presente sottolineando il loro ruolo importante all’interno dell’emergenza sanitaria: cosa possono fare nello specifico? Come state continuando a offrire i vostri servizi di assistenza in questo momento così difficile?
«Se nella normalità è già un compito delicato assistere una donna e il suo compagno lungo il percorso verso e dopo la maternità, con l’arrivo del Covid la situazione si è ulteriormente complicata: molti centri nascita sono stati chiusi e il ruolo delle Case Maternità è diventato più importante. Abbiamo incrementato e rafforzato quindi i nostri servizi. La nostra Casa Maternità di Genova riceve una media di 10 donne l’anno, in condizioni normali: soltanto da gennaio 2020 ad oggi abbiamo già assistito 24 nascite. Vorrei sottolineare come Case Maternità e assistenze a domicilio non possono essere la risposta all’emergenza, non ci definiamo tali. Perché una donna ha il diritto di scegliere il luogo dove partorire e se si sente più sicura in un ospedale ha tutto il diritto di recarvisi. Il punto è un altro: così come una donna è libera di scegliere di partorire in ospedale, allo stesso modo deve avere il diritto di scegliere di partorire al di fuori di un ospedale. Ciò non avviene oggi, perché scegliere di partorire in casa propria o in casa maternità rappresenta un costo elevato per la famiglia. Tuttavia, le regioni investono ugualmente soldi per i parti in ospedali: basterebbe che la Regione fornisse alla donna il quantitativo di denaro che avrebbe investito per il parto in ospedale come rimborso per la spesa in un ambiente non ospedaliero. Questo sistema avviene già in alcune regioni d’Italia come Piemonte, Emilia Romagna e Lazio (si tratta di un rimborso parziale per il parto). Molte donne in questi mesi hanno avuto la possibilità di riflettere e capire se il parto dovesse per forza essere trattato in un ospedale, alla luce delle criticità dettate dell’emergenza Covid».
I servizi delle Case Maternità non riguardano solo il parto, dunque. A quali altre necessità della donna siete venute incontro in questi mesi?
«In questo periodo abbiamo risposto anche alla necessità di assistenza post-parto. In questo senso, l’Ordine delle Ostetriche di Genova ha pubblicato un elenco di numeri di telefono di ostetriche a disposizione gratuita delle donne, per consulti e non solo. Abbiamo in questo modo colmato un vuoto venutosi a creare sotto il profilo assistenziale: donne che fino al lockdown potevano fruire di visite mensili o bisettimanali post-parto si sono trovate abbandonate a loro stesse da marzo in poi.
Un altro servizio che stiamo offrendo è quello relativo al “travaglio a domicilio”: in questo caso, la donna che non sceglie di partorire in casa e vuole raggiungere l’ospedale solo durante il travaglio può usufruire della nostra assistenza a domicilio solo fino al momento opportuno. In questo modo si risolve anche un altro problema, ovvero la separazione prolungata della donna dal marito o compagno. Tutti servizi che noi continuiamo a offrire sempre rimanendo nella sfera del privato».
A suo modo di vedere, percepisce una carenza di comunicazione tra pubblico e privato, tra settore sanitario e socio-sanitario, sia a livello regionale che nazionale?
«Credo che oggi il sistema sanitario pubblico non sia sufficientemente a conoscenza della nostra esistenza e del servizio importante delle Case Maternità. Manca sicuramente una migliore comunicazione e sinergia tra pubblico e privato. Quello che noi vorremmo più di tutto come Case Maternità è poter essere d’aiuto in questa situazione. Soprattutto ora che, dopo alcun mesi di respiro, sembra di essere tornati a marzo. È giusto che chi sta male si rechi in ospedale, ma la possibilità per una donna di poter usufruire di un’assistenza quotidiana a domicilio prima e a 12 ore dal parto, con personale altamente professionale, rappresenta una grande opportunità di cambiamento a livello nazionale. Questa evoluzione è già avvenuta in molti paesi al di fuori dell’Italia e solo in alcune regioni del nostro Paese. È questo il momento giusto per fare valutazioni di cambiamento in questa direzione».