“Non siamo solo operatori di interesse sanitario. Questa definizione – che come chiarito dalla sentenza n.300/07 – indica una figura adibita ad attività di carattere serviente ed ausiliario rispetto a quelle pertinenti alle professioni sanitarie – porta la nostra professione, che è sempre stata la colonna dell’assistenza, a non avere gli stessi diritti delle altre professioni sanitarie e ad essere sempre esclusa dalle iniziative politiche“. Così Angelo Minghetti (Federazione Migep) e Gennaro Sorrentino (Stati Generali Oss) in una lettera aperta indirizzata al Ministro della Salute, alle forze politiche e agli assessori regionali in cui avvertono che la categoria è stanca di vedere sminuita la propria professione e reclama riconoscimenti dovuti e salari adeguati ai carichi di lavoro a cui è costretta.
“È una professione che viene lasciata volutamente in una zona grigia senza ricevere una posizione esatta in quanto non vengono ancora applicate le leggi dello stato che la riguardano (Legge 3/18 Lorenzin e Dm 73/2021), nonostante il ruolo sociosanitario e l’area sociosanitaria” si legge nella nota in cui si denuncia che la riforma dell’operatore socio sanitario resta incompleta, mancando sia l’individuazione di contenuti specifici del profilo sia i percorsi formativi.
“Riconoscere il registro nazionale dell’Oss e le attuali leggi in attuazione al profilo e al ruolo lo qualificherebbe come professionista socio sanitario ma non è ancora dato sapere con certezza quale sia il suo ambito lavorativo senza sconfinare nell’esercizio abusivo” spiegano sottolineando come gli Oss, a cui molti enti regionali continuino a far svolgere competenze espressamente sanitarie, diano assistenza sanitaria sebbene la loro professione, pur restando nell’elenco del ministero della Salute, non sia riconducibile normativamente alle professioni del Servizio sanitario Nazionale.
Nella lettera si ribadisce che, essendo definiti operatori di interesse sanitario, gli Oss sono esclusi anche dalle disposizioni contenute nella legge di bilancio per il 2024 (Legge n. 213/2023) che ha esteso sino al 32 dicembre 2026 la facoltà di ricorrere agli incrementi delle tariffe orarie delle prestazioni aggiuntive del personale medico e del personale sanitario del comparto, volte a superare la carenza di personale sanitario nelle aziende e negli enti del SSN, a ridurre le liste di attesa e ad evitare la esternalizzazione dei servizi.
“Al personale che nelle Asl è confinato in modo anacronistico nel ruolo tecnico viene semplicemente riconosciuto il pagamento delle ore lavorate in regime di straordinario, concedendo così un contentino e creando una evidente difformità di trattamento tra lavoratori che operano spalla a spalla nello stesso campo” denunciano chiedendo che anche l’operatore socio sanitario sia considerato nelle prestazioni aggiuntive, prevedendo tale misura tramite disposizioni di legge, regolamenti o atti regionali.
“È una professione che furbescamente nessuno vuole vedere o riconoscere politicamente appellandosi a leggi e sentenze varie ma che poi, quando serve nella quotidianità pratica delle corsie o dei Pronto soccorso, tutti chiedono a gran voce senza fare troppe distinzioni tra ruoli tecnici e ruoli sanitari”, concludono.