Cure domiciliari agli anziani, brusco calo da fine 2019: l’indagine di Italia Longeva

Prima un trend di crescita positivo fino agli ultimi mesi del 2019. Poi, con l’arrivo del Covid, una brusca frenata e il conseguente calo. L’emergenza sanitaria che ha investito l’Italia ha avuto, tra gli altri effetti, quello di mandare in tilt la rete dei servizi territoriali e quindi le cure domiciliari. A discapito di coloro che più di altri necessitano di tali cure: gli anziani fragili. Questa la fascia d’età più bisognosa di monitoraggio continuo, a causa della presenza di patologie croniche concomitanti (la cosiddetta multimorbidità), specie se accompagnate da disabilità, non autosufficienza ed esclusione sociale.

E così, se nel periodo 2014-2019 gli over-65 assistiti a domicilio sono passati da poco più di 250mila a oltre 390mila (in media un aumento di 25mila unità all’anno), pari al 2,83% dei quasi 14 milioni di anziani residenti in Italia, nel 2020 il trend ha cominciato a decrescere, attestandosi a poco più di 385mila unità, ovvero il 2,7% degli over-65 e il 4,5% degli over-75. Alcune Regioni erano in grado di garantire cure domiciliari a più del 3,5% degli anziani e altre stentavano a raggiungere tassi di copertura dell’1%. Nel complesso, siamo a meno di un terzo da quel 10% fissato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) al fine di adeguarci, entro il 2026, alle prassi europee. In Europa infatti assistiamo a punte fino al 13% in Germania (percentuale che arriva al 29% per gli ultra-ottantenni), mentre addirittura nei Paesi del Nord Europa 1 over-80 su 3 è assistito in ADI (Assistenza Domiciliare Integrata). Non va meglio per le cure residenziali (Rsa), di cui beneficiano poco più di 2 anziani su 100.

Questo è complessivamente il quadro delineato dall’indagine Long-term care in Italia: verso una rinascita?, curata per Italia Longeva da Davide Vetrano, ricercatore al Karolinska Institutet di Stoccolma, in collaborazione con la Direzione Generale della Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute. La ricerca è stata presentata durante la sesta edizione degli Stati Generali dell’assistenza a lungo termine – Long-Term Care SIX, appuntamento annuale di Italia Longeva che coinvolge tutti gli attori che si occupano di programmare e gestire l’assistenza agli anziani.

“Gli anziani fragili sono doppiamente vittime della pandemia, che ha fermato anche quella timida ma in risalita tendenza che vedeva la long-term care in Italia in progressiva espansione, sebbene lontana dal soddisfare i reali bisogni di assistenza della popolazione anziana, e con notevoli divari regionali – spiega Roberto Bernabei, Presidente di Italia Longeva – Oggi abbiamo l’occasione per dare una spinta a quel processo di modernizzazione dell’assistenza territoriale atteso da tempo, ma la disponibilità di risorse da sola non basta per gestire in maniera efficace la multimorbidità dell’anziano moderno e il passaggio dalla fragilità alla disabilità. È tempo di uniformare il sistema ispirandosi ai migliori standard di valutazione del bisogno per permettere il migliore management clinico assistito dalla più moderna tecnologia”.

“Definire con esattezza chi fa cosa, come lo fa e con quali strumenti sarà il banco di prova per la costruzione della long-term care del terzo millennio – continua Roberto Bernabei – in risposta ai bisogni di salute di una popolazione sempre più anziana, e al passo con le innovazioni tecnologiche, dalla telemedicina ai dispositivi wearable per il monitoraggio dei parametri vitali del paziente, che consentono di gestire quotidianamente a distanza, in modo efficace e tempestivo, e con costi contenuti, il percorso di cura di un gran numero di anziani”.

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