Emergenza sanitaria, il punto con l’Ordine dei Medici: «Facciamo sistema e recuperiamo il troppo tempo perduto»

Torniamo a parlare di Covid e di emergenza sanitaria, con un focus specifico su una delle figure più importanti del settore in questo momento: i medici. Recentemente l’Ordine di categoria ha invocato un secondo lockdown nazionale, prevedendo a dicembre 2020 altre 30mila persone in ospedale. Quali le cause della mancanza di personale sanitario oggi e le scelte strategiche da mettere in campo per uscire dall’emergenza e tracciare il futuro? Ne abbiamo parlato con il Segretario Generale dell’Ordine dei Medici, Roberto Monaco.

Dottor Monaco, qual è ad oggi il quadro della situazione a livello nazionale per quanto riguarda numero di contagi e medici disponibili?

«Partirei dal ricordare i 189 medici deceduti dall’inizio della pandemia a causa del Covid, tra medici ospedalieri, operatori sanitari e medici del territorio. Purtroppo, sono numeri questi che possono ancora crescere. Parlando di mancanza di figure professionali rispetto al numero sempre crescente di contagi, si può dire che oggi abbiamo a che fare con un problema atavico, figlio di una mancata programmazione che perdura da tempo: negli anni non sono stati assunti medici nonostante altri professionisti del settore andassero in pensione. Il Sistema Sanitario Pubblico dovrebbe essere più appetibile tanto quanto quello privato, da anni non si fanno concorsi per medico primario a livello pubblico. Queste criticità solo adesso sono state prese in considerazione dal Governo, che sta cercando di recuperare il tempo perduto».

Più volte, col Presidente dell’Ordine dei Medici Filippo Anelli, avete rintracciato nel secondo lockdown nazionale una soluzione alla crisi sanitaria in atto. È ancora l’unica risposta possibile? Basta questo a risolvere la situazione?

«Un secondo lockdown nazionale sarebbe senza dubbio la soluzione più rapida al contenimento dei contagi e servirebbe a ospedali e strutture socio-sanitarie per prendere un po’ di fiato. Ma la situazione, a medio-lungo termine, non si risolve solo con un lockdown. L’indicatore relativo alle terapie intensive ci dice che ad oggi i posti in Italia per pazienti Covid sono pieni per il 34-35%: una percentuale preoccupante, senza dimenticare che nel frattempo ci sono anche altri interventi da effettuare, per tumori o altre malattie gravi, che rischiano di essere fermati. E questo non è concepibile. Inoltre, anche incrementando i posti in terapia intensiva, rimarrebbe comunque il problema legato alla mancanza di personale. Chiedere un lockdown è una proposta molto dolorosa, soprattutto per l’economia del paese, ma permetterebbe al sistema sanitario di prendere un po’ di fiato, evitando il collasso e abbassando la curva dei contagi. Bisogna tenere duro almeno fino all’arrivo di un vaccino».

Ultimamente emerge anche il problema della mancanza di personale nelle Rsa. Quanto una crisi del settore socio-sanitario impatta sull’emergenza? C’è bisogno di più collaborazione?

«Certamente. C’è bisogno di un’azione corale del paese, a cui devono prendere parte operatori sanitari, istituzioni, le scuole e anche le strutture socio-sanitarie come le Rsa: in questo senso, l’organizzazione delle Rsa deve prevedere un responsabile del controllo delle infezioni e un responsabile del rischio clinico all’interno delle strutture. Bisogna agire molto sulla formazione».

In merito alla mancanza di personale sanitario, si può parlare di problemi esistenti ben prima dell’arrivo del Coronavirus? Se sì, quali errori sono stati commessi e che cosa dobbiamo imparare da essi?

«Tra marzo e aprile siamo stati travolti da una tempesta inaspettata e abbiamo combattuto senza gli strumenti adatti e sufficienti: è stato come andare in guerra senza armi. Potevamo aspettarci il ritorno di una seconda ondata da ottobre 2020 in poi, ma non abbiamo fatto abbastanza per farci trovare pronti. Per il futuro, dobbiamo fare in modo che quello che è accaduto non succeda più: dalle criticità del passato devono nascere nuove opportunità di crescita per il paese».

Potrebbe interessarti anche

News

Cover stories

Iscriviti alla Newsletter