Tempo vissuto in buona salute, troppi divari nel mondo: dati e interventi in una ricerca

Nel mondo oggi la vita media di un abitante è di 73 anni, 10 in più in Italia. Un dato che da un lato ha ridotto la forbice esistente nel 1960: in quegli anni un essere umano aveva un’aspettativa media di vita di 54 anni, con una forbice enorme di differenze tra chi nasceva in contesti segnati da miseria, infezioni e alto tasso di mortalità infantile, e chi godeva di standard “occidentali”. Tuttavia permane un dato preoccupante: tra la più bassa e la più alta aspettativa di vita, esiste tuttora un divario di 45 anni. Come poter intervenire?

Ad analizzare il problema è una ricerca del McKinsey Health Institute, ripresa dal portale online di Avvenire, che indica la necessità e la possibilità di investimenti diffusi per aumentare di 6 anni in media il tempo vissuto in buona salute. Tra le misure indicate ci sono maggior prevenzione, trasparenza dei dati sanitari, innovazione, responsabilità personale e attenzione nei luoghi di lavoro.

L’analisi e gli obiettivi

Il quadro evidenziato mostra che, in media, le persone trascorrono circa il 50% della vita in condizioni di salute ‘mediocri’ (cioè «soffrendo di una o più patologie acute o croniche, che hanno un impatto sulla qualità o la durata dell’esistenza», ma senza una rilevante compromissione delle abitudini quotidiane), e il 12% in ‘cattive’ condizioni. In quest’ultimo caso gli interessati accusano una o più problematiche acute o croniche che richiedono un’assistenza costante o almeno frequente. Sono situazioni che hanno un impatto significativo sulle attività quotidiane, sulla qualità e l’aspettativa di vita.

Ma proprio la risposta messa in campo contro il Covid-19, rileva il Mhi, dimostra che «quando le risorse e la motivazione si fondono, sono possibili scoperte scientifiche e cambiamenti comportamentali su larga scala in periodi di tempo molto brevi». Una delle trasformazioni epocali è alle porte perché il Mhi crede che nel prossimo decennio «l’umanità potrebbe guadagnare fino a 45 miliardi di anni in più di vita di qualità superiore», 6 anni in media a persona, con punte di gran lunga maggiori in alcuni Paesi e popolazioni.

Gli strumenti

Con quali interventi? Il rapporto Mhi sottolinea la necessità di applicare strategie e interventi collaudati in modo equo in tutti i Paesi, «riducendo così il carico globale delle malattie (cioè l’impatto negativo che esse hanno su una popo- lazione in termini di cattivo stato di salute, rischio di decesso, costo delle cure o altri indici, ndr) di circa il 40%».

Per la società americana occorrono poi maggiori investimenti sulla «prevenzione e sulla promozione di uno stato di salute ottimale», che includono anche aree come educazione, nutrizione, ricerca, prodotti di consumo, servizi finanziari e tecnologia.

Bisogna anche innovare di più, più velocemente e ovunque: modelli di business, politiche governative, farmaci, standard clinici, applicazioni mobili, prodotti medici, fino ai processi e alle nuove applicazioni tecnologiche, perché «tecnologia, dati e analisi» fanno progredire la salute.

Inoltre, le istituzioni al di fuori del tradizionale settore sanitario dovrebbero perseguire «opportunità di business legate alla salute, anche abilitando e responsabilizzando meglio i propri dipendenti, definendo e onorando gli impegni ambientali, sociali e di governance relativi alla salute».

E’ necessario infine responsabilizzare gli individui nella gestione della propria salute. I comportamenti individuali «sono i più grandi motori della salute» già in molti Paesi, sottolinea Mhi.

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