Quando si parla di Covid e di ospedali, spesso oggi il nostro pensiero va alle vittime del virus, che di giorno di giorno aumentano o diminuiscono nell’attesa che la vaccinazione rallenti il contagio. In ospedale però accade anche il contrario: per una vita che si spegne, ce n’è una che comincia. O almeno così era fino al 2020. Lo dimostra uno studio condotto dai pediatri e ginecologi dell’Irccs Burlo Garofolo sui concepimenti durante il lockdown nel 2020, pubblicato su Acta Paediatrica. Secondo le analisi del Burlo, durante i mesi del 2020 in cui gli italiani sono stati costretti a rimanere chiusi in casa, i concepimenti sono diminuiti del 20% con un calo delle nascite nove mesi dopo che, al Burlo, sono passate a 247 dalle 308 del corrispondente periodo dell’anno precedente.
Secondo gli autori della ricerca, il dato rimane allarmante anche tenendo conto del trend in discesa delle nascite in Friuli Venezia Giulia del 4% circa. Volendo fare un confronto storico, infatti, il calo di concepimenti è maggiore anche di quello che era stato documentato ai tempi della catastrofe di Chernobyl, in cui le nascite in Italia erano calate del 5-7% in funzione della paura delle possibili conseguenze del fall-out sulle gravidanze. Importante sottolineare come nello stesso periodo preso in esame dai pediatri e ginecologi dell’Irccs triestino, non si è osservato un aumento delle nascite pretermine, dei parti cesarei né della necessità di ricoveri in terapia intensiva. In sostanza, non c’è stato un impatto sugli esiti delle gravidanze sulla qualità delle cure. Si è invece osservato un calo delle interruzioni volontarie di gravidanza sempre nell’ordine del 20% circa.
«Si tratta di un risultato atteso – spiega Egidio Barbi professore dell’Università di Trieste e direttore della Clinica Pediatrica del Burlo, nonché coautore dello studio – che aggrava il trend di denatalità del nostro Paese e che deve imporre un cambio di passo. Si tratta di un fenomeno complesso e multifattoriale, ma almeno, in concreto, vi è una necessità urgente di politiche di supporto dedicate, a partire dalla realizzazione di asili nido accessibili per tutti, alla facilitazione al lavoro dei genitori con figli, alle politiche di riduzione dei costi indiretti e a un ulteriore incremento della offerta educativa».
Quali sono le cause di questo calo delle nascite? Gli autori principali dello studio, il dottor Giampaolo Maso responsabile dell’Ostetricia e il dottor Francesco Risso, responsabile della Neonatologia che sono stati coadiuvati dagli specialisti in formazione Andrea Trombetta e Melania Canton, sottolineano come “tra le possibili cause di questo calo dei concepimenti ci possano essere la crisi economica, la preoccupazione per il futuro occupazionale, gli aspetti psicologici e sociali correlati alla pandemia e al lockdown”.
Lo studio, pur avendo i limiti legati a un’investigazione circoscritta a un solo centro, secondo Barbi “fotografa una realtà ben definita e vuole essere uno stimolo per ricerche più allargate e riflessioni urgenti, anche alla luce della persistente incertezza generata dal perdurare della pandemia e della crisi correlata”. Il direttore della Clinica Pediatrica del Burlo conclude parafrasando Shakespeare: “Questo è l’inverno del nostro scontento demografico, ma parlarne non basta, è ora di cercare rimedi“.