Con la legge n.155-2020, è stata istituita la Giornata Nazionale del Personale Sanitario: si celebrerà il 20 febbraio e ricorderà tutti gli operatori sanitari e socio-sanitari scomparsi per il Covid. La scelta del 20 febbraio di ogni anno per questa ricorrenza non è casuale: la data è stata individuata come inizio simbolico dell’epidemia da coronavirus, che in breve tempo ha richiesto l’impegno di quasi 45mila professionisti sanitari e socio-sanitari: molti di loro hanno perso la vita svolgendo il loro lavoro e soccorrendo un Paese in difficoltà. Tra le tante professioni coinvolte nella giornata, un posto di rilievo è ricoperto dagli infermieri, di cui la Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (Fnopi) ha più volte sottolineato l’importanza nella gestione dell’emergenza. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Barbara Mangiacavalli, Presidente di Fnopi.
Dottoressa Mangiacavalli, il 20 febbraio Fnopi viene coinvolta in prima persona nella Giornata del Personale Sanitario e Sociosanitario. Un motivo di soddisfazione per la Federazione: quali sono le vostre riflessioni in merito alla ricorrenza?
«Indubbiamente riconoscere l’abnegazione e il sacrificio di tutti i professionisti che tutelano la salute dei cittadini è motivo di soddisfazione, non solo per la Federazione degli infermieri, sempre in prima linea nella pandemia, ma per tutte le professioni coinvolte. Ogni operatore è andato molto al di là dei suoi compiti istituzionali in questa vicenda e ha pensato solo alla tutela delle persone, sotto tutti i punti di vista, dalla cura all’assistenza, dal supporto psicologico a chi è malato a quello alle famiglie che non possono essergli vicino. Aver deciso questa giornata è un atto che rende merito ai tanti operatori sanitari impegnati nella lotta a Covid molti dei quali hanno anche contratto il virus, un gran numero in tutte le professioni, molti sono deceduti e mai nessuno nonostante tutto ha abbandonato un solo istante la prima linea e per questo è giusto che la legge li comprenda davvero tutti. Il bilancio che possiamo trarre da questa vicenda, che purtroppo ancora non è finita, è proprio questa consapevolezza che la nostra professione – e anche le altre -, hanno dato evidenza concreta del significato dello stare vicino in maniera qualificata, competente, professionale, ma anche umana alle persone».
La Commissione ha modificato il titolo originario della Giornata, anche dietro vostra segnalazione, estendendo la ricorrenza a tutto il personale sanitario e sociosanitario che durante la pandemia ha assistito i cittadini. Nello specifico parliamo degli infermieri: qual è stato (ed è tuttora) il loro impegno e sacrificio nella lotta al Covid?
«Gli infermieri in particolare ci sono stati sempre, anche con grandi ed enormi sacrifici, anche con un tributo importante dato al Paese in termini di salute, ma anche di vite. Però non abbiamo abbandonato nessuno, non abbiamo lasciato indietro nessuno, abbiamo reso concreto quello che dice il nostro Codice deontologico: il tempo di relazione è tempo di cura. Abbiamo perso 81 colleghi (finora) deceduti per Covid. In realtà il numero di professionisti deceduti nel 2020 è ben maggiore: quasi 500 come hanno rilevato gli ordini provinciali, con un aumento di circa 100 rispetto alla media degli anni precedenti. Anche tra questi moltissimi tra i più anziani e pensionati sono morti per Covid e la Fnopi li ricorda tutti, ma in questa giornata sottolinea chi ha lasciato la vita in prima linea contro il virus per aiutare gli altri “per onorarne – come dice la legge – il lavoro, l’impegno, la professionalità e il sacrificio nel corso della pandemia di Coronavirus nell’anno 2020. Gli infermieri sono anche la categoria professionale che conta il maggior numero in assoluto di contagi e anche a loro è dedicata la giornata. Fortunatamente, come ha evidenziato l’Istituto superiore di Sanità, i contagi tra gli operatori sono in diminuzione anche fino al 50% dopo le vaccinazioni. Secondo il dato Inail, comunque, a dicembre 2020 gli infermieri contagiati sono l’84,4% degli operatori sanitari che hanno contratto il virus: circa 71mila tra i dipendenti a cui si aggiunge un ulteriore percentuale di liberi professionisti non censita dall’Inail che porta il totale dei contagiati a quasi 80mila sugli oltre 118mila rilevati dall’Iss. Sono certa che comunque gli infermieri non faranno mai venir meno il loro contributo, la loro competenza, la loro capacità di relazione, la loro disciplina agli assistiti e al Servizio sanitario. Non possiamo tirarci indietro in questo momento in cui il Paese ha bisogno di queste caratteristiche che sono tipiche e peculiari della nostra professione e quindi proviamo a guardare al 2021 con serenità e con l’auspicio che possa essere un anno dove possiamo lasciarci alle spalle un problema di salute che ha toccato tutti noi, ma nel lasciarselo alle spalle dobbiamo anche imparare molto da ciò che abbiamo vissuto e stiamo ancora, purtroppo, vivendo, perché come diceva la nostra fondatrice Florence Nightingale di cui proprio nel 2020 era la ricorrenza dei 200 anni dalla sua nascita, la storia ha sempre qualcosa da dire a chi la vuole ascoltare».
Questa ricorrenza, così importante per l’Italia, è più un traguardo o un promemoria per ricordare che si può ancora fare tanto in Italia per migliorare il sistema sanitario e socio-sanitario? Su quali punti è necessario lavorare? Quali invece le responsabilità della cittadinanza?
«Non può essere un traguardo visti gli effetti devastanti che la pandemia ha avuto e ha ancora non solo sui professionisti, ma su tutto il Paese. Spero sia invece un promemoria proprio per comprendere meglio da dove si deve e si può ripartire per dare all’Italia un sistema sanitario di maggiore qualità ed efficienza. Non solo per le cure, ma anche dal punto di vista sociale e della necessaria prossimità, una caratteristica propria degli infermieri, che ha dimostrato nella pandemia di essere la tessera mancante del mosaico dell’assistenza in un nuovo modello caratterizzato da chi è stato colpito da Covid, ma anche da chi è stato messo da parte per colpa di una coperta, quella dell’assistenza, che si è dimostrata sempre troppo corta tra carenze di mezzi e di personale ormai evidenti. In questa giornata, la cui istituzione dimostra l’impegno e la forza di volontà di chi assiste e cura, tutte le professioni lanciano un doppio appello: alle istituzioni perché
velocizzino la campagna vaccinale lasciando da parte tutti i contorni burocratici che non permettono di aumentare esponenzialmente – come dovrebbe essere – ogni giorno i vaccinati; ai cittadini, perché rispettino quelle regole di buon senso e prevenzione senza le quali il virus ha le porte aperte per dilagare con velocità e violenza e gli operatori riescono a fare scudo con estrema difficoltà. A questo per gli infermieri, aggiungerei la necessità di rafforzare gli organici e di prevedere specializzazioni e maggiore autonomia: la pandemia ha dimostrato ciò di cui sono capaci, ma soprattutto ha dimostrato quello di cui, dagli infermieri soprattutto, hanno davvero bisogno i cittadini».