“L’uso dell’intelligenza artificiale (IA) nei servizi di salute mentale e nella ricerca ha un potenziale, ma un nuovo studio dell’Oms rileva carenze significative che potrebbero indicare una promozione eccessivamente accelerata di nuovi modelli di intelligenza artificiale che devono ancora essere valutati come attuabili nel mondo reale”. A sottolinearlo in una nota è la stessa Oms, presentando i risultati dello studio “Methodological and quality flaws in the use of artificial intelligence in mental health research: a systematic review”, redatto da esperti dell’Università Politecnica di Valencia, Spagna, e OMS/Europa che ha esaminato l’uso dell’IA per gli studi sui disturbi mentali tra 2016 e 2021.
“Abbiamo scoperto che l’uso della IA nella ricerca sulla salute mentale è sbilanciato e viene utilizzato principalmente per studiare i disturbi depressivi, la schizofrenia e altri disturbi psicotici. Ciò indica una lacuna significativa nella nostra comprensione di come possono essere utilizzati per studiare altre condizioni di salute mentale”, spiega la dott.ssa Ledia Lazeri, consigliere regionale per la salute mentale presso l’OMS/Europa.
“L’intelligenza artificiale – sottolinea l’Oms – comporta spesso un uso complesso di statistiche, approcci matematici e dati ad alta dimensione che potrebbero portare a pregiudizi, interpretazioni imprecise dei risultati e un eccessivo ottimismo delle prestazioni dell’IA se non adeguatamente gestite”. Lo studio ha rilevato, infatti, difetti significativi nel modo in cui le applicazioni di intelligenza artificiale elaborano le statistiche, con convalida dei dati poco frequente e sotto valutazione del rischio di parzialità.
Inoltre, spiega ancora l’Oms, “molte altre aree destano preoccupazione, come la mancanza di rapporti trasparenti sui modelli di intelligenza artificiale, che ne compromette la replicabilità”. Lo studio ha scoperto che i dati e i modelli rimangono per lo più privati e c’è poca collaborazione tra i ricercatori.