Pnrr e riforma della sanità territoriale, UpB: “Tre i punti dolenti, tra cui il nodo delle risorse”

(Teleborsa) – La riforma della sanità territoriale e del sistema di prevenzione prevista nel PNRR non convince del tutto l’Ufficio parlamentare di Bilancio. Nel focus “L’assistenza sanitaria territoriale: una sfida per il Servizio sanitario nazionale” che analizza la componente del PNRR dedicata alla sanità territoriale – per la quale sono previsti 7 miliardi di investimenti e 500 milioni del Fondo complementare (FoC) – l’Upb ha messo in evidenza in particolare tre criticità nel Regolamento introdotto con il DM 77/2022, che ha realizzato la riforma prevista dal Piano.

1 – Innanzitutto, restano “alcuni dubbi sulla valutazione delle risorse correnti necessarie a rendere operative le nuove strutture di assistenza sanitaria territoriale“. L’Ufficio parlamentare di Bilancio ha fatto notare che quando le risorse del PNRR saranno esaurite, servirà assicurare al SSN più di 1 miliardo per dare continuità ai servizi di assistenza domiciliare, così come quando gli Ospedali di comunità saranno disponibili si dovranno reperire 239 milioni per il relativo personale. “La programmazione finanziaria per il triennio iniziato nel 2023 implica un ridimensionamento della quota del prodotto allocata alla sanità pubblica, che renderebbe difficile potenziarne i servizi, anche in presenza di una riorganizzazione degli stessi”, fa notare l’UpB.

2 – Tale piano si scontra poi con un’ulteriore criticità con cui la sanità pubblica si scontra già. “Con riguardo al necessario potenziamento delle risorse umane – sottolinea il focus –, la difficoltà di reperire il personale e la perdita di attrattività del SSN stanno diventando un’emergenza, soprattutto per quanto riguarda gli infermieri e alcune categorie di medici, da affrontare con una adeguata programmazione del personale, l’incremento dell’offerta formativa, l’adozione di misure volte a restituire attrattività al lavoro nel SSN in termini di riconoscimento sociale ed economico”.

L’UpB ha poi sottolineato che “il coinvolgimento dei medici di medicina generale nell’attuazione della riforma richiederebbe una chiara regolazione delle forme e dei modi della partecipazione alle varie strutture e una revisione dei percorsi formativi per rafforzarli e adeguarli alla nuova impostazione delle cure primarie sul territorio”. “L’ipotesi di trasformare i medici di base da liberi professionisti convenzionati in dipendenti del SSN al momento sembra essere stata accantonata”, ha fatto notare.

3 – Infine, l’organismo indipendente fa notare che, sebbene il nuovo Regolamento dell’assistenza sanitaria territoriale rappresenti lo strumento per assicurare standard uniformi su tutto il territorio nazionale, le innovazioni istituzionali dovranno essere calate nei singoli modelli regionali, e che Il DM 77/2022, lascia aperte molte soluzioni, anche riguardo al ruolo della sanità privata, “che potrà trovare spazi di espansione piuttosto ampi a seconda delle scelte attuative delle Regioni”.

L’Ufficio osserva infine che alcuni aspetti importanti della riforma – quali ad esempio il meccanismo di integrazione con i servizi sociali gestiti dagli ambiti territoriali sociali (ATS) e tra il Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici e il Sistema di protezione dell’ambiente – sono ancora in fase di definizione.

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